giovedì 9 agosto 2012

L'Osservatore e la mentina





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L’ho letto, molti lo hanno letto.
 Ed è ancora la solita tiritera, il solito luogo comune, la solita visione stereotipata della realtà.
Ho letto l’editoriale di Grimaldi sull’Osservatore Romano e mi rammarico per la visione fortemente riduttiva del fenomeno divorzi-separazioni, almeno come ce li presenta il Grimaldi.
Diciamoci la verità: dalla lettura dell’editoriale sembra che i problemi esistenziali che attualmente affliggono i giovani si riconducano al carpe diem, alla saturazione dei piaceri, all’assuefazione alla omologazione del matrimonio allo spirito del tempo, all’assuefazione alla prassi del bruciare le tappe. Una volta imboccata la strada, l’editoriale brucia le tappe pure lui: “il matrimonio non è una mentina” e via dicendo.






Mia moglie era (forse lo è ancora) cristiana, cattolica praticante. Non ha mai bruciato le tappe, tutta casa, famiglia, lavoro, amici, parrocchia e chiesa. Lo è ancora: sola, nessun convivente, casa, famiglia, lavoro, amici, parrocchia e chiesa.
Poi la nascita di nostro figlio (a due anni dal matrimonio e quindi senza bruciare tappe) l’ha messa alla prova, non con le “tappe”, ma con i modelli. Almeno con il modello della madre-leader-modella, spacciato dalla stampa “mondana” e dalla pubblicità che ci trapana le orecchie più del Vangelo (sembra). Qualche chilo di troppo dopo la gravidanza, smagliature, cellulite, l’impossibilità di conciliare i tempi di lavoro e di famiglia, il vedere che il sottoscritto marito era più presente (in famiglia) di quanto non lo fosse lei stessa, tutta presa tra orari e turni di lavoro, il rendersi conto che, superati i 40, non si avevano più le energie per diventare leader, per divenire quella bella, affascinante, donna in carriera con tailleur e tacchi a spillo. Per lei “solo” ciabatte e camice bianco.

Il modello della madre-leader-modella è entrato in crisi, tappa per tappa. Depressione? Post partum?
Sta di fatto che, in quel modello, che viene spacciato come il nuovo Vangelo, in quel modello della madre -leader-modella tanto caro alla pubblicità (con quei mantra trapanatimpani del tipo “tu sai che cosa vuole al tuo bambino”) la figura del marito non c’è, non ha un proprio posto, è smaterializzata.

Entra in crisi il rapporto famigliare, entra in crisi la fiducia nel partner, intervengono suoceri, suocere. Fuoco alle fiamme. E via con le accuse. E se non bastano, via con le false e strumentali accuse di abusi. E poi la richiesta di separazione giudiziale. L’ultima tappa di mia moglie. Altro che il "carpoe diem"!

Oggi, sono trascorsi più di 2000 (duemila) giorni dalla richiesta di mia moglie di separazione giudiziale e le tappe da lei seguite per estromettere totalmente la figura paterna dalle cure di mio figlio non hanno sortito (per lei) gli effetti sperati. Almeno non tutti.
Sicuramente dalla tappa della richiesta di separazione giudiziale (avanzata dalla mia moglie cattolica, praticante) il sottoscritto ha passato ben altre tappe: un procedimenti civile, un procedimento penale (conclusi con richiesta di archiviazione dello stesso PM), un altro procedimento penale (conclusosi con l’archiviazione del GIP), un procedimento amministrativo, due procedimenti al tribunale dei Minori.
Un tritacarne, un lento tritacarne, scandito da CTU, CTP, SS, udienze, avvocati, sentenze, ricorsi. Una via crucis, per mio figlio, per me, una via crucis voluta (agli atti) da mia moglie. Un miracolo vedere mio figlio ancora sereno. Un miracolo poterlo raccontare.

Certo è che, se il tenore degli editoriali dell’Osservatore Romano è quello descritto, se la verità sulla crisi dei giovani e dei non più giovani è “solo” quella, se la crisi della famiglia cattolica è , tutto sommato, questione di “buona volontà”, se le raccomandazioni sono “acquetta”, beh, allora lasciatemi un commento: rispetto alla crisi della famiglia non raccontata sui giornali (quella dei processi, delle accuse e via dicendo), la crisi descritta dal Grimaldi è davvero una mentina. 
E' nulla rispetto alla guerra termonucleare che avvocati, giudici (e mogli, spese volte) scatenano!
E’ nulla, in confronto ai 30,000 bambini italiani che, ogni anno,  vengono privati dei loro papà e resi prigionieri dei tritacarni giudiziari
E’ nulla, in confronto ai circa 80.000 separazioni annue che, ogni anno, insanguinano (in senso figurato) le famiglie, molte delle quali cattoliche e praticanti.
E’ nulla in confronto alle false accuse di abusi sessuali in cui vengono strumentalizzati i minori.
Di questa guerra termonucleare l'Osservatore non parla, dei drammi dei figli allontanati dai genitori neanche.
Della via crucis che dura anni, non si parla.
L'importante sembra essere non bruciare la tappe "prima" e non separasi dopo con la stessa rilassatezza con cui si gusta una "mentina".
La separazione non è una mentina? No, ma non deve essere neanche una guerra termonucleare, in cui le regole vengono sopraffatte, i primi a farne le spese sono i nostri figli, a guadagnarci sono le congreghe di "esperti" che affollano i tribunali.
Eppure, se invece di anestetizzare l’animo dei giovani con le solite geniche paterne raccomandazioni (le tappe, l’omologazione) ci si spingesse un po’ più oltre…

Basterebbe poco. 
Basterebbe innanzitutto informare i giovani, sulla realtà delle separazioni e dei divorzi, magari con qualche vivace tavola rotonda che non riduca tutto ai classici problemi (i soliti stereotipi: "I separati possono ricevere la comunione?"). Se si conoscono a fondo i problemi forse si trovano anche le soluzioni.

Basterebbe informare che la calunnia del coniuge, volta ad alienare i figli, è fatto grave (magari è peccato grave, "mortale", come ricevere la comunione da separati o bruciare le tappe?)

Ma penso sia ancora lontano a venire il giorno in cui, dai pulpiti delle chiese, sentiremo raccomandare “Non calunniate il vostro marito, non calunniate la vostra moglie; non strumentalizzate i vostri figli, siate coerenti….”
Il rischio, per la Chiesa credente e operante, è che, ignorando i problemi, questi poi prendano il sopravvento, sotto lo sguardo distratto di chi dovrebbe arginarli e quello avido di chi vuole alimentarli, sotto silenzio. 



Editoriale



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